Pensiero dell’ottava Domenica del Tempo Ordinario

Siracide 27, 4-7

I Corinzi 15, 54-58

Luca 6, 39-46

La parola è specchio del cuore

L’odierna pagina del Vangelo presenta brevi parabole con le quali Gesù vuole indicare ai suoi discepoli la strada da percorrere per vivere con saggezza. Con l’interrogativo: “Può forse un cieco guidare un altro cieco?” (Lc 6,39), Egli vuole sottolineare che una guida non può essere cieca, ma deve vedere bene, cioè deve possedere la saggezza per guidare con saggezza. Gesù richiama così l’attenzione di coloro che hanno responsabilità educative: pastori d’anime, autorità pubbliche, maestri, genitori.
Poi Gesù prende in prestito un’espressione sapienziale per indicare sé stesso, come modello di maestro e guida da seguire: “Un discepolo non è da più del maestro; ma ognuno che sia ben preparato, sarà come il suo maestro” (Lc 6,40).
Nel brano di oggi troviamo un’altra frase significativa: “Perché guardi la pagliuzza che è nell’occhio del tuo fratello, e non ti accorgi della trave che è nel tuo occhio?” (Lc 6,41). Tante volte, lo sappiamo tutti, è più facile e comodo scorgere e condannare i difetti degli altri, senza riuscire a vedere i propri con altrettanta lucidità. La tentazione è quella di essere indulgenti con sé stessi- manica larga con sé stessi- e duri con gli altri. Dice ancora il Vangelo: “Non vi è albero buono che produca un frutto cattivo, né vi è d’altronde albero cattivo che produca un frutto buono… l’uomo buono dal buon tesoro del suo cuore trae fuori il bene; l’uomo cattivo dal suo cattivo tesoro trae fuori il male: la sua bocca infatti esprime ciò che dal cuore sovrabbonda” (Lc 6, 43.45).
La liturgia odierna è un continuo invito a rientrare in sé stessi per arricchire il proprio cuore e trasformarlo in un “albero di frutti buoni”. Dicevano molti autori mistici: “Entra in te, e là troverai Dio, gli angeli e il regno”. L’ipocrita ha paura di guardare in sé stesso e cerca di narcotizzarsi con la superbia. Diceva Pascal: “La vera crisi dell’uomo e della società è non pensare”. Educare il cuore, allora, consiste nel far scaturire il bene dal profondo di sé: la parola è frutto della bontà del cuore. Bando quindi alla mormorazione, al chiacchiericcio, al parlare male degli altri.

Chiediamoci : Io parlo male degli altri?- Per me è più facile vedere i difetti altrui che i miei?- Le mie parole edificano o distruggono?

Preghiera: Poni sempre in noi, Signore, parole che costruiscano il bene in ogni persona, che si aprano alla tenerezza e alla speranza, che rispecchino il tuo Vangelo!

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