Abacuc 1,2-3; 2,2-4;
Salmo 94; 2
Timoteo 1,6-8.13-14;
Luca 17,5-10;
Quale fede?
Nella prima lettura il profeta Abacuc ci dice che la fiducia riposta nel Signore consente al credente di perseverare nel tempo della prova: L’empio soccomberà, mentre il giusto sarà salvo. Paolo, nella seconda lettura, esorta il suo collaboratore, Timoteo, a proclamare il Vangelo con coraggio e fermezza, senza farsi intimidire dagli avversari: Dio gli darà la forza necessaria per portare avanti la missione che gli ha affidato. L’odierna pagina evangelica esordisce con la preghiera che i discepoli fanno a Gesù: “Accresci in noi la fede!” ( Lc 17,5). Una bella invocazione che anche noi dovremmo fare durante la giornata. Ma cosa significa esattamente aver fede? Gesù risponde con due immagini: il granellino di senape e il servo disponibile. “Se aveste fede quanto un granello di senape, potreste dire a questo gelso: “Sradicati e vai a piantarti nel mare”, ed esso vi obbedirebbe” (Lc17,6). Nulla è impossibile a chi ha fede, perché non si affida alle proprie forze ma a Dio, che può tutto. E’ una fede che nella sua umiltà sente un grande bisogno di Dio e nella piccolezza si abbandona con piena fiducia a Lui. Ma come possiamo capire se la nostra fede è veramente genuina e pura? Ce lo spiega Gesù, indicando la misura della fede: il servizio. E lo fa con una parabola che al primo impatto risulta un po’ sconcertante, perché presenta la figura di un padrone prepotente e indifferente. Ma proprio questo modo di fare del padrone fa risaltare quello che è il vero centro della parabola, cioè l’atteggiamento di disponibilità del servo. “Così anche voi, quando avrete fatto tutto quello che vi è stato ordinato, dite: “Siamo servi inutili. Abbiamo fatto quanto dovevamo fare” (Lc 17,10). Inutili nella nostra lingua significa che non servono, incapaci, improduttivi; ma non così nella lingua di Gesù. “Servi inutili” significa: servi che non cercano il proprio utile, senza pretese, senza rivendicazioni, che di nulla hanno bisogno se non di essere sé stessi. Allora importante non è la ricompensa, ma il servizio. Scegliere, in questo mondo che parla il linguaggio del profitto, la lingua del dono; in un mondo che percorre la logica della guerra, battere la mulattiera della pace. Questa fede, allora, è sempre unita all’amore, perché riesce a vincere l’odio e la cattiveria con la bontà, la mitezza e il perdono. Ecco la fede che anche noi oggi chiediamo a Gesù: la fede che sorregge e trasforma, la fede che fa avvertire il sapore della bontà di Dio, una bontà smisurata.
Chiediamoci: So spendermi per l’altro, senza pretendere nulla, dando solo il meglio di me stesso? Mi rimetto totalmente alla volontà del Signore?
Preghiera: Sull’esempio di Maria, la madre tua e nostra, aumenta la nostra fede, o Gesù, e rendila sempre più un abbandono a te e un dono disinteressato per i fratelli.