Pensiero della Ventiseiesima Domenica del Tempo Ordinario

Amos 6.1a.4-7
Salmo 145
1 Timoteo 6,11-16
Luca 16,19,31


Il peccato del ricco: non vedere i bisognosi
Nella prima Lettura il profeta Amos si scaglia letteralmente, in nome di Dio, contro l’ingiustizia sociale, dove la ricchezza smodata, l’egoismo sfacciato, la vita mondana e la corruzione estinguono nell’uomo ogni possibilità di fede, ma anche ogni possibilità di comprensione e di intelligenza umana. Nella seconda Lettura Paolo, nel tracciare una sintesi del discorso che ha rivolto a Timoteo, lo esorta a fare la sua professione di fede in Cristo, con una vita ben radicata nella carità. Ed eccoci alla celebre parabola del ricco “epulone” cioè “straricco”. “Indossava vestiti di porpora e di lino finissimo, e ogni giorno si dava a lauti banchetti” (Lc16,19): di lui non si conosce il nome, perché chiunque condivide la sua condizione di agiatezza possa riconoscersi in lui. Si noti bene: viene descritto soprattutto per ciò che possiede, la sua persona s’identifica con i suoi beni. “Un povero, di nome Lazzaro, stava alla sua porta, coperto di piaghe, bramoso di sfamarsi con quello che cadeva dalla tavola del ricco, ma erano i cani che venivano a leccare le sue piaghe”(Lc16,20-21): è un povero che non possiede nulla, ma ha un nome, Lazzaro, che significa “Dio aiuta”. “Un giorno il povero morì e fu portato dagli angeli accanto ad Abramo. Morì anche il ricco e fu sepolto; (Lc16,22). C’è un ribaltamento! Ma perché? Gesù non denuncia una mancanza specifica o qualche trasgressione di comandamenti o precetti; per il ricco semplicemente Lazzaro non esisteva, non lo vedeva, per il ricco era indifferente. “Non vedeva con gli occhi perché non sentiva nel cuore. Nel suo cuore è entrata la mondanità, che anestetizza l’anima. La mondanità è come un “buco nero” che ingoia il bene, che spegne l’amore, perché fagocita tutto nel proprio io”(Papa Francesco). L’altra scena della parabola potrebbe essere definita dei “cinque fratelli”. “Padre, una goccia sopra l’abisso! Una parola sola per i miei cinque fratelli! E invece no, perché non è la morte che converte, ma la vita. Hanno Mosè e i profeti” (cfr Lc 16,24 ss.). Non servono le voci misteriose e i prodigi, ma è importante la decisione pronta e personale, il coraggio della scelta per la giustizia e l’amore. Si, è proprio questo il messaggio del vangelo di questa domenica. Un vangelo che d’un solo colpo annulla le nostre pretese di goderci i nostri beni, ignorando la situazione degli altri. Un vangelo che non giustifica alcuno spreco; un vangelo che ci mette in guardia: chiudere il cuore a chi è nel bisogno significa, in fondo, chiuderlo a Dio. Ecco perché vale la pena che i cristiani prendano maggior cura della coscienza, per destarla di fronte alle sofferenze e ai bisogni degli altri. E, allora, non è colpa di Dio se da una parte del mondo si spendono soldi per dimagrire, dal momento che si mangia troppo, e dall’altra si fa la fame. Oggi Gesù ci dice: Attenzione! Capovolgimento in vista!


Chiediamoci: Dinanzi a tanti Lazzaro che vediamo, ci adoperiamo ad aiutarli subito, senza rimandare, convinti che l’unica vera urgenza è la carità?


Preghiera: O Maria, tu che in fretta sei andata ad aiutare Elisabetta, apri una breccia nella nostra coscienza perché cambiamo stile di vita e cominciamo a soccorrere chi è nel bisogno.

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