2 Maccabei 7, 1-2.9-14
Salmo 16
2 Tessalonicesi 2,16-3,5
Luca 20,27-38
Non è la vita che vince la morte, ma l’amore
La fedeltà eroica dei fratelli Maccabei è degna di ammirazione: sono sottoposti ai tormenti, ma trovano forza nella fede. Offrono al sovrano le loro membra, convinti che il Signore concederà loro una vita nuova ed eterna (Prima Lettura). Paolo prega per i cristiani di Tessalonica perché il Signore doni loro conforto e li confermi nel loro impegno di fede, e chiede loro di pregare per lui e per i suoi collaboratori (Seconda Lettura). Nel Vangelo Gesù viene interpellato da alcuni sadducei, i quali non credevano nella risurrezione e perciò lo provocano con un quesito insidioso: di chi sarà moglie, nella risurrezione, una donna che ha avuto sette mariti in successione, tutti fratelli tra loro, i quali uno dopo l’altro sono morti? Gesù non cade nel tranello e replica che i risorti nell’aldilà “non prendono né moglie né marito: infatti non possono più morire, perché sono uguali agli angeli e, poiché sono figli della risurrezione, sono figli di Dio” (Lc 20,35-36). La vita futura non è il prolungamento di quella presente. Coloro che sono morti non risorgono alla vita biologica, ma alla vita di Dio. La vita eterna vuol dire la vita dell’Eterno. “Io sono la risurrezione e la vita” ha detto Gesù a Marta. Notiamo la successione: prima la risurrezione e poi la vita, e non come ci saremmo aspettati: prima la vita, poi la morte, poi la risurrezione. Risurrezione dei vivi, più che dei morti, sono i viventi che devono alzarsi e destarsi: risorgere. Facciamo attenzione: Gesù non dichiara la fine degli affetti. “Se nel tuo paradiso non posso ritrovare mia madre, tieniti pure il tuo paradiso” (David M. Turoldo). Bellissimo il verso di Mariangela Gualtieri: “Io ringraziare desidero per i morti nostri che fanno della morte un luogo abitato”. L’eternità non è una terra senza volti e senza nomi. “Forte come la morte è l’amore, tenace più dello sheol” (Cantico dei Cantici). Non è la vita che vince la morte, è l’amore. Di fronte al dubbio dell’uomo di tutti i tempi che si interroga: “Che ne sarà della nostra vita dopo questo pellegrinaggio terreno? Apparterrà al nulla, alla morte?”, Gesù risponde che la vita appartiene a Dio, il quale ci ama e si preoccupa tanto di noi, da legare il suo nome al nostro: è “il Dio di Abramo, il Dio di Isacco, il Dio di Giacobbe. Dio non è dei morti, ma dei viventi, perché tutti vivono per lui” (Lc20, 37b-38).
Chiediamoci: La vita eterna suscita in me profonda gioia, convinto che appartengo totalmente a Dio, che mi ama?
Preghiera: O Maria, aiutaci a vivere ogni giorno nella prospettiva di quanto proclamiamo nel Credo: “Aspetto la risurrezione dei morti e la vita del mondo che verrà”.