Pensiero della Quattordicesima Domenica


Isaia 66.10-14
Salmo 65
Galati 6,14-18
Luca 10,1-12.17-20

La missione di pace e di gioia dei discepoli

Gesù invia in missione settantadue discepoli, in aggiunta ai dodici apostoli. Il numero 72 indica probabilmente tutte le nazioni, elencate nella cosiddetta “tavola delle nazioni” di Gn10,1-32. La pace che i missionari devono proclamare a tutti i popoli scorre copiosa come un fiume verso Gerusalemme (Prima Lettur ); terminato il tempo della desolazione e del lutto, essa può rallegrarsi per i suoi figli, e nutrirli come una madre con il suo affetto. Paolo termina la Lettera ai Galati (Seconda Lettura) dichiarando che il suo unico vanto è la croce di Cristo. “E li inviò a due a due” (Lc10,1): Quel “due” rivela la nostra realtà, che ci dice che non siamo mai slegati dal mondo. Le mie scelte coinvolgono sempre un altro. Il “due” è il germe della comunità. “La mèsse è abbondante, ma sono pochi gli operai!” (Lc10,2a): noi abbiamo sempre interpretato questo brano come un lamento sulla scarsità di vocazioni sacerdotali e religiose; ma non è solo questo. Gesù intona la sua lode per l’umanità: il mondo è buono, c’è tanto bene sulla terra, tanto buon grano. Il seminatore ha seminato buon seme nei cuori degli uomini. Occorrono operai del bello, mietitori del buono, contadini che sappiano far crescere i germogli di un mondo più giusto, di una mentalità più positiva, più umana.
Luca poi tratteggia gli impegni essenziali della missione. Primo: “Pregate il Signore della mèsse, perché mandi operai nella sua mèsse!” (Lc10,2b): La missione è grazia, e solo nella preghiera può essere ottenuta per la Chiesa. Il secondo impegno è l’annuncio sereno e coraggioso: anche se ci si trova nel rischio e nella persecuzione, non bisogna mai lasciarsi tentare dal fascino della violenza e dell’imposizione forzata. Essere sempre “agnelli”, cioè annunciatori di pace che propongono, mai impongono, e non attraverso un “di più” di forza, ma con un “di più” di bontà. “La bontà che non è soltanto la risposta al male, ma è anche la risposta al non-senso della vita” (P.Ricoeur).
L’ultimo impegno è la povertà. Chi annuncia il Vangelo è distaccato dal denaro, riceve ciò che gli viene offerto e dona ciò che ha, cioè il suo amore per i malati e i sofferenti. Non “mezzi”, ma “Vangelo vissuto”, nell’imitazione sempre più autentica di Gesù. “I settantadue tornarono pieni di gioia” (Lc10,17a), Gesù disse loro: “Non rallegratevi però perché i demoni si sottomettono a voi; rallegratevi piuttosto perché i vostri nomi sono scritti nei cieli” (Lc10,20). Gesù accoglie la gioia dei discepoli, ma richiama l’attenzione sulla sorgente autentica di questa letizia dell’anima, che non è l’esercizio di un potere sul male, ma la certezza di avere i propri nomi scritti nel libro della vita, di appartenere a Dio e al suo disegno di amore.

Chiediamoci: Mi sento, come cristiano-battezzato, mandato dal Signore, con la forza dello Spirito Santo ad annunciare la pace del Vangelo con un “di più” di bontà e di umiltà?

Preghiera: Fa’, o Signore, che, con la materna protezione di Maria Santissima, possiamo annunciare con gioia a tutti, che Tu ci ami, ci vuoi salvare e ci chiami a far parte del tuo Regno.

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